29 marzo 2006

Libro plaza

Visto che molti avranno visto il film e che il mitiko Cerio ci ha già proposto la sua colonna sonora, questa settimana vi propongo
"Romanzo criminale" di Giancarlo de Cataldo

Un'Italia segreta, inquietante in un romanzo che ha il ritmo delle saghe noir americane (di James Ellroy e di Edward Bunker per primi). Un libro dove i protagonisti sono una banda di giovani delinquenti che decide di conquistare Roma, e diventa un esercito quasi invincibile. Politica, servizi segreti, giudici onesti, poliziotti e il più grande bordello della Capitale in un romanzo basato su una minuziosa documentazione. Basato sulla storia della banda della magliana, il merito di De Cataldo (giudice, saggista, romanziere, autore di testi teatrali) è quello di aver saputo offrire al lettore una narrazione nella quale cronaca nera e fiction giocano in perfetto equilibrio.

Assaggio
Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Erano in quattro. Il più cattivo era il piccoletto, con uno sfregio di coltello lungo la guancia. Tra un assalto e l'altro scambiava battute al cellulare con la ragazza: la cronaca del pestaggio. Menavano alla cieca, per fortuna. Per loro era solo un gran divertimento. Pensò che potevano essergli figli. A parte il negro, si capisce. Pischelli sbroccati. Pensò che qualche anno prima, solo a sentire il suo nome, si sarebbero sparati da soli, piuttosto che affrontare la vendetta.
Qualche anno prima. Quando i tempi non erano ancora cambiati. Un attimo fatale di distrazione. Lo scarpone chiodato lo prese alla tempia. Scivolò nel buio. - Annamo, - ordinò il piccoletto, — me sa che questo non s'alza più! Ma si alzò, invece. Si alzò che era già buio, con il torace in fiamme e la testa confusa. Poco più avanti c'era una fontanella. Si ripulì del sangue secco e bevve una lunga sorsata d'acqua ferrosa. Era in piedi. Poteva camminare. Per strada, automobili con lo stereo a tutto volume e gruppi di giovani che giocherellavano col cellulare e schernivano il suo passo sbilenco. Dalle finestre le luci azzurrine di mille televisori. Poco più avanti ancora, una vetrina illuminata. Si considerò nel riflesso del vetro: un uomo piegato, il cappotto strappato e macchiato di sangue, pochi capelli unti, i denti marci.
Un vecchio. Ecco cos'era diventato. Passò una sirena. D'istinto si appiatti contro il muro. Ma non cercavano lui. Nessuno più lo cercava. — Io stavo col Libanese! — mormorò, quasi incredulo, come se si fosse appena appropriato della memoria di un altro.

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